Storia

 La Storia

A breve distanza dalla città di Nola, a circa 24 Km da Napoli, protetta da un lungo arco di colline e contrafforti preappenninici, in una verdeggiante e fertilissima pianura dominata dal monte Somma e dal vulcano Vesuvio, sorge la cittadina di Cimitile.
La storia di questo paese, definito culla del Cristianesimo, non può prescindere dalle origini più remote e dalle popolazioni che l'abitarono. La fecondità della sua terra, le difese naturali costituite da paludi e da boschi, le circostanti colline che ancora la proteggono dai forti e freddi venti del Nord – Nord Est, garantendo un clima mite, la possibilità di comunicare in modo agevole con altre valli adiacenti (Caudina in particolare, sull'altro versante dei contrafforti appenninici) per la presenza di valichi, furono le caratteristiche territoriali che attrassero nella zona le prime popolazioni.
Tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro, la pianura nolana fu abitata da un antico popolo, gli Ausoni, che, successivamente sotto la spinta dei nuovi popoli giunti nell'area dovettero ritirarsi sulle montagne della zona di Sessa Aurunca.
Agli Ausoni si sostituirono gli Opici – Osci, popolazione indo – europea proveniente dai freddi territori orientali d'Europa in età imprecisata.
È proprio in questo periodo che antichi storici fanno risalire l'originaria fondazione della città di Nola.
Furono proprio gli Osci ad attuare nella piana una politica di fusione con le popolazioni indigene dando luogo ad una vera e propria civiltà di cui restano ancora oggi documentate tracce, come l'importantissimo documento, a.C. di lingua Osca costituito dal Cippus Abellanus.
Intorno al VI secolo i Greci si insediarono sulle coste flegree fondando la città di Cuma.
L'incontro tra la cultura Greca e quella indigena diede notevole impulso allo sviluppo di quest'area.
La grande fertilità della piana interna, aveva attirato anche gli Etruschi, che, proprio nel corso del VI sec. a.C. cercarono di prendere la supremazia nel territorio Campano. Gli interessi economici e strategici furono tali da portare ben presto allo scontro frontale i Greci di Cuma ed una coalizione formata da etruschi, Umbri e Dauni, con epilogo favorevole ai Greci che nel 427 a.C. nelle acque di Cuma sconfissero pesantemente gli Etruschi, conquistando una totale egemonia sui territori costieri ed interni.
Tra il 438 e 421 a.C. si riversarono nella nostra pianura, occupandone le città, i Sanniti, popolo bellicoso e rozzo proveniente dai monti del Sannio, appunto. La stessa Nola e Capua furono conquistate nel 423 a.C.
Le nuove popolazioni formatesi, dalla fusione Osco – Sannitica si ordinarono sotto una Confederazione i cui vertici furono le città di Capua, Nola e Nocera.
I Sanniti, integratisi con le popolazioni residenti, vennero chiamati "Campani" (per differenziarli dagli altri Sanniti rimasti sui Monti del Sannio) e contrastarono i romani nella conquista della Campania.
L'interesse di Roma al possesso della Campania scaturì dall'importanza strategica della regione e della sua fertilità. Tale interesse si concretizzò nel 314 a.C. con la conquista di Nola da parte di Gaio Petelio.
Nola fu distrutta dai Romani come Capua ed Avella, ma ben presto riebbe la sua autonomia mediante un trattato di alleanza con Roma che gli permise di conservare intatte tutte le sue istituzioni.
Con l'avvento dei romani il territorio nolano mutò ancora aspetto sostituendo alle vecchie direttrici commerciali una rete viaria più stabile e precisa. Le strade consolari Popilia e Adrianea, rispettivamente dirette verso Capua e Rhegium e la zona costiera di Napoli, realizzate sulle direttrici greche ed etrusche garantirono rapidi e sicuri contatti tra ampie aree.
La via Popilia, costruita circa nel II sec. a.C. con tracciato in basalto, favorì lo sviluppo di tutta la parte di territorio da essa attraversato. Rasentando le paludi nord – occidentali tra la zona di S. Felice a Cancello e Nola essa arrivava fino a Sarno e Nocera, lungo un percorso fortemente caratterizzato dalle famose centuriazioni romane.
La necropoli di Nola, fuori dalle mure della città fu situata nelle prossimità della strada consolare e su di essa si affacciarono i numerosi accessi dell'impianto sepolcrale.
Dopo la vittoria di Canne, Annibale, nel 216 a.C., si spinse nel Sannio e di li si diresse prima verso Napoli, tentando di conquistarla, e poi verso le città dell'interno della pianura campana.
Tale presenza sollecitò i popoli campani, sottomessi al dominio romano, a ribellarsi e schierarsi col condottiero cartaginese, che venne accolto favorevolmente in molte città.
Capua divenne la roccaforte di Annibale, che da li mosse contro Nola stringendola in un lungo assedio, interrotto dalle legioni di Marco Claudio Marcello, che agendo d'astuzia, costrinse i Cartaginesi a rifugiarsi nel nocerino.
Con la fine delle guerre Puniche (200 circa a.C.) per circa un secolo la nostra pianura non fu più teatro di guerre e ciò favorì moltissimo lo sviluppo delle attività commerciali e produttive e quindi la ripresa economica di tutta l'aria. 
Nuove vicende belliche si verificarono intorno al 90 a.C. quando gli Italici chiesero la concessione della cittadinanza romana. L'alta aristocrazia di Roma guardava con grande ostilità e rancore alle organizzazioni federate per cui non concesse il privilegio richiesto. Ciò diede origine ad una guerra civile che causò moltissime perdite umane.
Fu Lucio Cornelio Silla ad assumere il comando delle operazioni militari iniziando con l'assedio di Pompei. In aiuto della città intervenne un esercito di Italici comandato da Lucio Cluenzio che subì una cocente sconfitta e fu inseguito fin sotto le mura della città di Nola. In questa circostanza Nola, temendo che insieme alle forze italiche potessero entrare in città anche i Romani, chiuse le porte a Cluenzio. Nola rimase l'unica città campana a resistere a Silla e solo nell'80 a.C. fu espugnata, ed i suoi territori furono divisi e donati ai legionari del condottiero. 
Tra il 73 e il 71 a.C. il diffuso malcontento dovuto allo strapotere romano, fece scoppiare la rivolta dei gladiatori che portò ad una più estesa rivolta servile. 
Capo di questi schiavi e gladiatori fu Spartaco; a lui si aggregarono anche tutti quegli uomini del territorio nolano i cui poderi e campi erano stati espropriati per passare in proprietà ai legionari di Silla, esasperati dalla povertà e dall'odio verso Roma. Da Capua, Spartaco sciamò con i suoi nell'Ager Nolanus, prendendo e saccheggiando Nocera e Avella; poi, accampatosi alle falde del Vesuvio, sconfisse in una sanguinosa battaglia nei pressi di Palma Campania le forze romane. La stessa Nola che non era stata espugnata neanche da Annibale, venne saccheggiata e distrutta da Spartaco.
Nella seconda metà del I sec. a.C. il territorio della "Campania Felix" visse un considerevole sviluppo economico. Si affermarono molte aziende agricole, sia in collina che in pianura, e numerosi patrizi romani acquistarono fondi nelle campagne e ville sulle coste. Tale sviluppo fu favorito dalle grandiose opere civili, militari e di assetto territoriale intraprese dall'imperatore Ottaviano Augusto la cui famiglia ebbe estese possedimenti a Nola e dove lui stesso forse morì intorno al 14 d.C. (Apud Nolam…).
Proprio in questo periodo nacque la "colonia nolana felix Augusta" con l'assegnazione ai veterani romani di poderi agricoli dopo una vigorosa opera di bonifica di tratti paludosi del territorio a Nord Ovest di Nola.
Con queste nuove "centurationes" (suddivisione in lotti regolari) la piana fu configurata a tracciato ippodameo, attraversato dalla grande via consolare Popilia, la quale sostituì integralmente l'antico tracciato etrusco.
Nola e il suo territorio raggiunsero in tale epoca il massimo splendore e nacque l'esigenza di realizzare una necropoli in un luogo prossimo alle mura della città asciutto rispetto al resto del territorio.
La scelta cadde su un luogo ameno a Nord di Nola che da questo momento assunse il nome di "Coemeterium Nolanum" (odierna Cimitile).
Dall'inizio del I sec. d.C. una grave crisi economica e culturale investì tutta la Campania, accentuata da forti terremoti ed epidemie. 
Al terremoto del 63 d.C. che aveva colpito molte zone della Campania meridionale, seguì la disastrosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
La città di Nola ed i suoi campi subirono notevoli danni a causa di tali calamitosi eventi che generarono anche l'impaludamento di buona parte dell'area nord occidentale del territorio causato dallo straripamento del fiume Clanio.
In questo funesto periodo si diffuse nella nostra zona il primo Cristianesimo. Secondo alcuni studiosi, infatti, San Paolo sbarcò sulla costa flegrea e di li si diresse all'interno recando il messaggio cristiano alle popolazioni del territorio sino a Nola dove nacque una delle prime comunità cristiane con a capo un vescovo, successivamente ferocemente perseguitata specie dall'imperatore Domiziano. Molti furono i martiri;
Tra di essi secondo alcuni studiosi, si annovera San Felice, primo vescovo di Nola patrono della città, suppliziato il 15 Novembre del 95 d.C.
I primi seguaci del Cristianesimo, si riunirono in case private, non potendo professare in pubblico la propria fede. Successivamente, per sfuggire alle persecuzioni, trovarono rifugio presso la estesa necropoli pagana di Cimitile.
Al margine sud di questo luogo fu sepolto il confessore Felice, detto in Pincis, secondo alcuni studiosi nato nel 95-98 d.C. da padre Siriano e morto il 14 Gennaio del 160 d.C.; secondo altri, vissuto nel III sec. d.C. ( ipotesi più accreditata scientificamente).
Sulla tomba di San Felice, fu realizzata una delle prime memorie cristiane con l'erezione in onore del Santo di un mausoleo quadrato, intorno al 303-305 d.C.
Con l'editto di Costantino del 313 d.C. si elevò la prima basilica ad oriente della tomba di S. Felice e si abbatterono il mausoleo quadrato e gli altri edifici funerari che vi si erano in seguito addossati realizzando un'unica Aula di Culto.
Il sito raggiunse il massimo del suo splendore verso la fine del IV sec. d.C. grazie all'opera di S. Paolino votato al Confessore Felice. Questi ingrandì e restaurò l'Aula dedicata al Santo e la prima basilica, mediante edificazioni e ristrutturazioni che vennero effettuate dal 399 al 403 d.C., elevando anche una nuova basilica e vari edifici monastici.
Informato della regola di Martino di Tours, Paolino diede vita ad una vera e propria comunità elevando un complesso di opere che ancora oggi rappresentano una delle più importanti testimonianze della tarda antichità. Il Santo fece edificare nei pressi della basilica Vetus una nuova fabbrica più ampia e più bella, arricchendo l'area con chiostri e giardini, e vere e proprie case per fedeli. 
Riquadri e pannelli in affresco con scene tratte dalle Sacre Scritture vennero realizzati all'interno delle basiliche ma con lo scopo di diffondere attraverso il linguaggio figurativo l'insegnamento del "Verbo". 
Secondo la tradizione popolare S. Paolino eresse nei pressi della tomba del Santo Felice il primo campanile della cristianità. La tradizione apparirebbe confortata dal rinvenimento, nei pressi delle Basiliche di una parte di fornace per la fusione dei metalli, realizzata con grossi tufi greci forse per la costruzione delle "nolae" (campane).
Nel 410 d.C. i Goti condotti da Alarico invasero l'Italia.
Dopo aver saccheggiato Roma per circa tre giorni, proseguì la sua opera di devastazione verso il sud giungendo così nella pianura campana, dove, dopo Avella, si accanì contro Nola.
Alcuni storici ipotizzano che l'originaria struttura di Castel Cicala fu realizzata per far fronte a questa funesta invasione e che gli abitanti di Nola vi si rifugiarono abbandonando la città al suo destino.
Per Nola e il suo territorio ebbe inizio un lungo periodo di decadenza e rovina, accentuato dalle successive invasioni.
Nel 455 d.C. la tradizione racconta della tragica invasione ad opera di Genserico, re dei Vandali che distrusse Capua, Avella e la stessa Nola.
Nel 472 d.C. seguì una spaventosa eruzione che per i suoi effetti disastrosi fu paragonata a quella del 79 d.C.
Tra il 535 e 555 la piana nolana fu luogo di scontri tra Ostrogoti ed esercito bizantino inviato dall'imperatore Giustiniano.
Le invasioni e le battaglie nella piana di Nola, con l'aggravio di calamitosi eventi naturali distrussero completamente la città e decretarono anche il destino della "Città Santa". Anche i campi e le abitazioni furono abbandonati e di conseguenza si ebbe un lungo periodo di carestia, pestilenza e fame. 

Cimitile dal Medioevo al XVII sec.

Intorno al VII – VIII secolo il popolo longobardo che aveva occupato il Sannio fondando il ducato di Benevento, si spinse sino al territorio nolano già ampiamente devastato dai fenomeni innanzi detti. La città di Nola e tutte le altre dell'agro nolano che dipendevano allora dal ducato di Napoli (il quale, pur aspirando ad una completa autonomia, sottostava a Bisanzio), dovettero quindi subire le azioni belliche degli inquieti Longobardi, che miravano, con la conquista del territorio nolano, ad isolare e prendere Napoli.
Dalle scarsissime fonti storiche pervenuteci non è possibile ricavare in dettaglio le vicende della lunga guerra che i Napoletani, alleati alle popolazioni del nolano, dovettero sostenere al fine di mantenere i Longobardi lontani dai confini. L'alternarsi delle vicende belliche a favore dei due contendenti portò i territori ora sotto il dominio dei Longobardi, ora sotto il dominio dei Napoletani. Una sorta di pace si ebbe con il "patto di Arechi", vessatorio per gli abitanti del territorio, in quanto si stabiliva che i possessori dei terreni, che avevano cambiato di continuo governo durante le alterne fasi di guerra, dovessero versare i tributi metà ai Longobardi e metà ai Napoletani. 
Del dominio longobardo l'unico personaggio di cui ci è dato conoscere il nome è il Guastaldo (governatore locale) di Nola Ausenzio, la cui persona rappresentava il potere politico, amministrativo e giudiziario per conto del ducato di Benevento. 
Il periodo di dominio longobardo fu di circa 243 anni e coincise con primo declino della Città Santa, forse dovuto ad un terremoto ed a un'alluvione.
Nel sec. IX Cimitile dovette subire l'invasione degli Ungari ed intorno alla fine dello stesso secolo, quella catastrofica dei Saraceni, che devastarono nell'880 circa, distrussero anche il castello di S. Michele in Avella. In questo periodo l'area cimitilese – nolana fu detta "cimiterio" e gli abitanti della piana "popoli del "Cimiterio". Indicativo a tal proposito, appare il termine che indica l'area nolana in una carta geografica araba ancora nel XII sec. e che vuol dire "collina della misericordia ( Gibitirah)".
Tra il IX ed il X sec. si ebbero interventi di restauro nelle basiliche, ciò testimonia lo sforzo per riportare in vita la Città Santa di Cimitile che era stata tanto famosa da richiamare pellegrini da svariate parti del grande e traballante Impero Romano della tarda antichità. 
Intorno all'anno 1000 Cimitile e l'area nolana furono riscattate dal dominio longobardo e fecero parte del Ducato di Napoli, nel 1139 nel Regno di Sicilia. 
Durante il periodo di dominazione di Federico II era invalso l'uso, ed in modo particolare nell'agro nolano, di affidare i fondi, specie quelli in possesso dei monasteri a persone del ceto medio che si incaricavano di farli coltivare ricavando a loro volta un lauto guadagno dallo sfruttamento sistematico dei contadini. Ciò accadeva anche in Cimitile. Quando più tardi Federico II si battè per primo contro i vizi del feudalesimo, questi aveva messo già salde radici e l'effetto delle giuste leggi emanate dal sovrano fu annullato dalle usanze del tempo che rendevano ogni provvedimento, vano, a favore della consuetudine. 
La dinastia dei re Angioini consolidò il potere e l'influenza dei baroni, in quanto lo stesso Carlo I, per circostanze debitorie particolari nelle quali venne a trovarsi, fu obbligato a vendere la maggior parte delle città demaniali, Nola ed il suo territorio inclusi, facendo crescere a dismisura il potere di quelle signorie che da oltre un secolo dominavano nella zona. Infatti, basta guardare il registro delle donazioni ("Liber Donatium", anno 1269) e gli altri atti di questo Principe per rilevare come abbia infeudato circa 160 città del Regno. 
Le donazioni mutarono le originarie gratuite concessioni, innestando la possibilità di compravendita che alterò profondamente i diritti e i doveri provenienti dal contratto feudale. 
La contea di Nola, istituita dal re Carlo I d'Angiò, era formata all'epoca dai seguenti casali: Saviano, Sant'Erasmo, Sirico, San Paolo Belsito, Cimitile, Camposano, Cumignano, Casamarciano, Faibano, Gallo, Liveri, Risignano, Vignola, Tufino e Scaravito.
In questo periodo Cimitile fu dunque solo un casale di Nola, di cui era giurisdizione, con il privilegio di far celebrare gli uffici divini nella basilica di S. Felice.
Il re Carlo d'Angiò intanto, per i servigi ricevuti da Guido di Monfort lo nominò Conte Palatino e gli donò le città di Nola, Atripalda, Forino e Monteforte. Fu il primo conte che Cimitile ebbe cui successe la figlia Anastasia che ottenne, per speciale concessione del re, il feudo di Nola e sposò Romano Orsini. Gli Orsini governarono il feudo del 1290 al 1593. Sotto il loro dominio, verso la fine del XIV sec., l'episcopio e la cattedrale, fondati in Cimitile da S. Paolino, furono trasferiti in Nola segnando il definitivo degrado del complesso basilicale, nonostante alcuni interventi quali il recupero dell'abside della basilica Nova, trasformata in basilica autonoma dedicata ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista, la ristrutturazione del campanile della basilica Vetus. A seguito della congiura dei Baroni e la confisca della Contea di Nola, agli Orsini, il territorio passò nell'ordine al Conte di Sarno, al Principe di Salerno ed a Fabrizio Maramaldo. 
Nel 1594 la peste devastò il regno di Napoli mietendo moltissime vittime della zona nolana, teatro dell'infaticabile impegno profuso dai frati del monastero di S.Francesco di Paola (oggi Villa Lenzi) fatto edificare nel 1587 dal Barone Annibale Loffredo e nello stesso anno donato all'ordine monastico.
Nel 1631, nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, il Vesuvio, dopo due secoli e mezzo di quiete, esplose in una tremenda eruzione durata vari giorni, accompagnata da forti scosse sismiche, che causò circa 6000 vittime ed interessò un'area di circa 500 Km2. Prima di tale eruzione, il Vesuvio sovrastava di 40 m il Monte Somma, dopo il cataclisma, si abbassò di circa 100 m e la massa di ceneri e lapilli depositata lungo i crinali, a causa delle forte piogge scatenate dall'eruzione, si trasformarono in un fiume di fango alto oltre due metri che invase Nola, Cimitile e Ottaviano. Contemporaneamente una fiumara d'acqua discese lungo la strada Regia da Monteforte Irpino (oggi Via Nazionale delle Puglie) con un'altezza di circa 14 palmi (circa 3,64 m), causando l'allagamento di paesi e campagne. 
Il Vesuvio nella prima metà del '700 eruttò ancora e, alla sua azione devastatrice, si sommarono le acque meteoriche. Di nuovo il 25 maggio del 1737 si registrò una eruzione vulcanica disastrosa che fece cadere cenere, lapilli, e "bombe" roventi su Somma, Ottaviano, Nola Cimitile e sugli altri casali. L'alluvione che ne scaturì col suo torrente di fango minacciò di seppellire Cimitile e Nola, salvate da una diga allestita prontamente dall'intera popolazione. 
Le calamità si ripetette nel corso degli anni fin quando il vicerè Spagnolo de Toledo prima, i Borboni, ed infine, il governo d'Italia non irreggimentarono le acque secondo un vasto ed organico piano di opere idrauliche "i Regi Lagni".
Il 13 agosto 1640, il principe di San Severino di Cammarota D.no Girolamo Albertini, giudice di Vicaria, acquista dal Re di Polonia Latislao Sigismondo, rappresentato dal suo internunzio Stanislao Moroniez tramite D.no Antonio Navarrette, Giudice criminale e Auditore Generale dell'esercito, marito di Ippolita Albertini di Fagiano, che nell'occasione funse da semplice prestanome, l'intero casale di Cimitile con la giurisdizione relativa, prime e seconde cause, gabelle dogane e tutto quanto competeva ad un feudo. Nel 1640 dunque, Cimitile già infeudato al Re di Polonia e passò a D. Girolamo Albertini, che ne prese possesso con il titolo di Principe, divenendo così l'unico responsabile ed intermediario tra l'Università (cioè la collettività dei cittadini) ed il Regno. 
Il casale di Cimitile fu acquistato per 6400 ducati, salvo numerazione definitiva dei "fochi", essendosi nell'atto fatto riferimento a quello del 1595. La numerazione venne aggiornata nel 1648, e rendicontata nel 1693 al Conte Palatino del Reno, che era succeduto nel tempo al Re di Polonia, negli interessi e nei crediti, per la vendita dei 16 casali di Nola, quindici dei 16 casali erano stati venduti nel 1641 a Diomede Carafa, Duca di Maddaloni per il prezzo complessivo 38.250 ducati e rivenduti da quest'ultimo per 60 ducati a "foco". La risoluzione del pagamento e degli interessi maturati ammontò a ducati 128.826, che andarono alla Regia Camera e 15.300 ducati per la nuova numerazione dei foche che fu, per i 16 casali pari a 1332. Alla transazione finale che venne chiamata << partita di Neuburg>> del 1693, per Cimtile furono pagati ulteriori 1.500 ducati. 
In quest'epoca la popolazione del Casale era in massima parte dedita al lavoro dei campi , alla raccolta della legna, al taglio dei boschi (che i Cimitilesi effettuavano unitamente ai Nolani nella località Bosco e anche in provincia di Avellino, a Montella), come si evince da un ricorso dell'anno 1700 circa, dal quale risulta che era stato stabilito tra le due popolazioni un' accordo di interscambio. Altri erano dediti alla caccia e alla pesca, che abbondava nelle paludi di Fangone. 
Gli Albertini, di origine sassone, giunsero in Italia intorno all'XI secolo quali Vicari Imperiali. Dopo molte vicissitudini, uno di essi, Ubertino figlio di Traiano, Conte Palatino e di Prato, arrivò a Napoli a seguito di Carlo D'Angiò e si stabilì a Nola. 
Accanto al Feudo, sorse l'Università, il cui governo amministrativo era affidato a sei cittadini, chiamati "Eletti", preposti alla vigilanza dello spaccio di commestibili, controllori di peso, qualità e prezzi, secondo l' "assisa". Collaboravano due "Catapani" (praefecti eduliorum) scelti dal popolo, uno in rappresentanza dei cittadini primari, l'altro dei plebei, il cui ufficio (svolto gratuitamente) durava un mese soltanto, con il compito della riscossione delle multe nelle quali incorrevano i vari contravventori. 
Per l'elezione dell'Università la popolazione si radunava pubblicamente in consiglio, e nominava le sei persone che avevano avuto più voti, informandone il Principe che doveva eleggerne a sua volta due, conservando la forma dell'antico <>, in uso dal 1646. Prima dell'Università, il Principe eleggeva i cittadini che riteneva più capaci, anche se avevano conseguito meno voti degli altri candidati. Infatti, si tramanda che in una di tali occasioni il Principe, dichiarò primo degli Eletti, un cittadino che aveva conseguito un solo voto e l'Università non si oppose. 
Nel 1688 i Cimitilesi, per eleggere l'Università, si rivolsero al Principe, affinché desse loro la possibilità di potersi liberamente riunire in un luogo pubblico. Il Principe Girolamo Albertini, concesse loro di potersi radunare per l'assemblea ed altro nella bottega di tal Papa, sita nella piazza di Cimitile che all'epoca era costituita dal <> del palazzo baronale (poi divenuto proprietà dei Conti Filo della Torre). 
Per capire la configurazione della piazza dell'epoca è necessario introdurre il luogo conosciuto come "Taverna". 
Il 3 dicembre 1520 Gentile I comprò da Teresa degli Umili e dai figli Antonio e Gentile Paparo, per 30 ducati, una parte della <> e precisamente la Taverna, composta da diverse camere, terranei, pozzo, cortile, stalla, giardino ed una piccola di stanza diruta, confinante con altri beni dello stesso acquirente (territorio denominato San Iacopo, poi San Giacomo),con quelli di Felice Motone, delimitato da due strade negli altri due lati (per Camposano e strada Reale). Successivamente Gentile I procedette all'ampliamento della sua proprietà mettendola in comunicazione con la <> acquistata e con una seconda parte della taverna, costituita da alcune case vecchie site lungo la strada Reale, acquistata nel marzo 1521 da Michele Mazzocca di Capua e da Camilla e Vincenzo Tanzillo. Nel luglio dello stesso anno comprò una terza parte della taverna dagli eredi di Giovanni Andrea D'Afflitto. 
Nel settembre 1537 Gentile I acquistò da Felice e Marco Capuano una casa chiamata il <> in stato fatiscente ancora lungo la strada Reale, per il prezzo di 40 ducati e da Francesco De Risi, un piccolo terraneo di rimpetto al <>. 
Dopo la morte di Gentile I avvenuta nel 1540, i suoi successori continuano ad ampliare le proprietà comprando da Geronimo e Michele Santella alcune case confinanti con la masseria e taverna, ubicate nella zona denominata <>. Tale atto denominato <>, venne stipulato dal notaio Fabrizio Martinelli di Nola. 
Il 15 settembre 1584 Giovanni Riccardo donò a Gentile II, per suo figlio G. Geronimo, un pezzo di terreno in Cimitile, di fronte alla taverna, che aveva acquistato da Giovanni Blasco (come da atto del notaio Francesco Tufo di Nola) e che successivamente sarebbe diventato il centro del paese, la Piazza appunto. 
Con Ferdinado il Cattolico iniziò il funesto governo vicereale che poi si protrasse fino al 1734; con crisi economiche e finanziarie che provocarono carestie e miserie. A ciò si aggiunse la peste del 1656 importata da soldati provenienti da una zona già infetta, probabilmente la Sardegna, che in poco tempo si propagò da Napoli alla provincia. 
La dominazione spagnola dei Borboni iniziò con Carlo V figlio di Giovanna la Pazza, che successe a Ferdinando il Cattolico. 
Nulla di notevole avvenne durante il regno di Filippo II e Filippo III, mentre sotto il regno di Filippo IV, nel 1647, ci fu la rivolta di Masaniello (contro il viceré duca d'Arcos) che si estese su tutta la provincia ma non interessò Nola ed i suoi ex casali che rimasero fedeli agli spagnoli. 
Un importante evento si verificò nel 1675 quando il complesso Basilicale e la Chiesa di S. Felice in Pincis si staccarono dalle dipendenze del capitolo nolano e riacquistarono l'autonomia dopo una lunga battaglia legale intrapresa dal preposito Carlo Guadagni. 
Nel 1736 D. Geronimo Albertini, principe di Cimitile acquistò da D. Giovanni la Fenice il palazzo di S. Maria (attuale dimora degli Albertini) che nel XVIII secolo fu corredato di un cavalcavia che consentì di accedere direttamente dalla residenza alla chiesa cinquecentesca di S. Maria degli Angeli, sull'altro lato della Strada Regia, per esercitare il diritto di coretto. 
Nel 1750 il Remondini recandosi spesso alle Basiliche, testimoniò nella sua opera la quantità di calessi e cavalli che giungevano in Cimitile e la presenza di molti venditori e mercanti di panni, sete, argento e d'oro in loco a formare un piccolo mercato. 
Nel 1789, con il parroco don Cipriano Rastelli, preposito dal 1787 al 1821, venne edificata dai Principi Albertini la chiesa parrocchiale nella forma e dimensioni attuali. L'opera, ampliamento della chiesa già esistente che confinava con le basiliche a nord, fu intrapresa all'indomani del rovinoso crollo della basilica Vetus e su tali ruderi fondata. I lavori iniziati nel 1789, terminarono nel 1797. 
La nuova chiesa ingoblò ambienti laterali della basilica Vetus inferiore, sui quali venne realizzata l'attuale cappella del crocifisso, che prende il nome dal Cristo ligneo del XIV secolo in essa custodita. 
Al settecento risale anche la costruzione del palazzo del Duca di Castelmezzano, in località Galluccio, anche se non si sa con precisione se fu costruito dal duca di Rodi e Sirignano, D. Francesco Maria Caracciolo della Gioiosa di Napoli o dai De Lerma, che si fregiano dal 1725 anche del titolo di Duca di Castelmezzano.
Nel 1799 fu istituita sull'onda della rivoluzione francese, la funesta Repubblica Partenopea. Truppe di svariate nazionalità percorsero la Campania in lungo e in largo, trasformandola in terra da bivacco. L'agro nolano, fu occupato da un reggimento dello Champonnet, poi dalle truppe Mac Donald e del Votrin, ed ancora dalle orde russo - turche del Micheroux, e dai sanfedisti del cardinale Ruffo. Con le truppe borboniche di Schipani e Spanò furono occupate le caserme, il seminario i conventi di Nola. Il monastero di San Francesco di Paola in Cimitile, situato lungo la Strada Regia (oggi via Nazionale delle Puglie), venne letteralmente investito dalla follia di quelle orde, affamate di bottino, rozze e indisciplinate, che, provenienti da Monteforte, invasero la ricca pianura dell'agro nolano. Successivamente un decreto (n. 448 del 07.08.1809) di Gioacchino Napoleone, maresciallo di Francia, soppresse tutti gli ordini, compresi i Paolotti o Minimi di San Francesco, in tutto il territorio del regno, acquistandone le proprietà al demanio dello stato, sicchè il monastero cimitilese fu trasformato, con la cacciata dei monaci, in alloggio per truppe di passaggio. In virtù di tale situazione Cimitile divenne facile preda di ogni sorta di avventuriero a capo di truppe, per cui fu saccheggiato a più riprese con la requisizione di tutti i cavalli esistenti sul territorio per rifornire l'esercito. 
Finalmente nel 1808 Cimitile divenne comune autonomo, come risulta da una convenzione sottoscritta dal Principe Fabio Albertini innanzi alla Commissione Feudale. L'otto di dicembre del 1816 un decreto stabiliva che il titolo di Ferdinando IV Re di Napoli e di Sicilia veniva mutato con quello di Ferdinando I Re delle due Sicilie, così Cimitile entrò a far parte del Regno delle due Sicilie. 
Re Ferdinando I sempre restio a concedere la costituzione provocò il malcontento tra gli abitanti del Regno, che, per far valere i propri diritti diedero origine ai moti carbonari, prima scintilla del futuro risorgimento.

Cimitile dal Risorgimento alla seconda guerra mondiale

Il 1° ottobre 1860 i garibaldini decretarono, con la vittoria sulle truppe borboniche nella battaglia del Volturno il crollo della monarchia Borbonica. Il 21 ottobre in Cimitile si tenne il plebiscito, Sindaco Domenico Lombardi, e comandante della Guardia Nazionale il sig. Pasquale Santella. La formula da votare era: " Il popolo vuole l'Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele II, Re costituzionale, e i suoi legittimi successori". Le elezioni si tennero con il massimo ordine nella Casa Comunale, ove furono allestite due sezioni al piano terra, e si votò dalle ore 7 antimeridiane ad oltranza, per permettere a chiunque di votare quando ne avesse la possibilità. Cimitile si espresse con 665 "si" alla monarchia Sabauda, su 717 aventi diritto al voto. Dopo l'avvenuta unità d'Italia , il cimitilese Michele Rossi, industriale, fu eletto deputato del collegio di Nola succedendo ad Antonio Ciccone di Saviano. L'On. Michele Rossi nuovo proprietario del monastero di San Francesco di Paola lo fece modificare per adattarlo alle esigenze dell'industria del baco da seta, da lui introdotta e potenziata con moderni criteri, nel nolano. L'industriale aveva acquistato il monastero direttamente dal governo che ne deteneva la proprietà in forza del decreto del 22 dicembre 1861, per effetto del quale erano state acquisiti, per esigenze militari, al demanio i beni ecclesiastici. 
Il Rossi, legato da fraterno affetto a Gasparre Lenzi, suo socio nell'azienda industriale del baco da seta, primo a morire, nominò erede dei suoi beni i figli dell'amico. 
Con la proclamazione del Regno D'Italia, tra il 1861 e il 1866 nell'Italia meridionale si sviluppò il brigantaggio. Molti soldati che provenivano dalla disgregazione dell'esercito del Regno delle due Sicilie, e molti contadini a causa dal malcontento dovuto alla crisi economica dell'epoca, formarono svariate bande, dandosi al saccheggio. I briganti del nolano ebbero la propria base in località Fangone che, a causa della conformazione orografrica fu rifugio ideale, tanto che per la loro eliminazione si rese necessaria una vera e propria campagna militare.
L'attecchire del fenomeno del brigantaggio ebbe nel nolano, ed in Cimitile in particolare, anche ragioni politiche. Molti non gradivano il nuovo regno, rimanendo di fatto filo – borbonici. 
La mattina del 14 settembre 1860 la Guardia Nazionale arrestò 37 contadini di cui ben undici erano di Cimitile, che furono giudicati due mesi dopo, il 13 novembre, come rivoltosi, avendo fomentato in un discorso pubblico il malcontento contro il governo. Nel 1884 per volontà del marchese di Rende, Angelica Caraccido, madre dell'Arcivescovo di Benevento e Nunzio di Parigi, devota di Paolino e Felice, innamorata cultrice di arte ed antichità cristiane, si intrapresero i lavori di pulizia, di rilevamento e restauro delle Basiliche paleocristiane di Cimitile. 
Sul finire del XIX secolo Cimitile fu approvvigionata con acqua potabile proveniente dall'acquedotto di Serino mediante pubbliche fontane e nel 1905 nella cittadina venne realizzato un impianto per l'erogazione dell'energia elettrica ad uso pubblico, e successivamente privato, ad opera della ditta Russo di Nola. 
Nell'aprile del 1906 (giorno 8, Domenica delle Palme) il Vesuvio eruttò improvvisamente lanciando e depositando sui paesi dell'Ager nolanus e del circondario vesuviano tonnellate di materiali vulcanici (in particolare ceneri e lapilli). Ciò fu causa di ingenti danni alle costruzioni i cui solai non riuscirono a sopportare il peso del materiale di deposito, collassando rovinosamente. Molti cittadini di Nola e Cimitile si raccolsero in fervida preghiera rivolgendosi a Felice, dominatore degli elementi. La tradizione popolare, con evidente confusione, attribuisce alla statua di S. Felice Vescovo il miracolo che fermò la colata di fango proveniente dal Vesuvio e mise fine alla disastrosa eruzione. Il simulacro esistente ancora presso la Villa cittadina di Nola, avrebbe, essendosi animato nell'occasione, ancora la mano alzata verso il Vesuvio a fermare l'eruzione, durante la quale molti si rifugiarono nel Casertano o sulle alture di Cicciano e Roccarainola, dove il fenomeno giunse mitigato. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria - Ungheria, dando inizio alla I guerra mondiale. Molti cimitilesi furono chiamati alle armi, inviati al fronte con le tradotte militari che partivano dalla stazione delle FF.SS. di Nola; trentaquattro di essi diedero la vita per la Patria cadendo in combattimento ricordati dal monumento eretto in piazza Conte Filo dalla Torre nel 1930. 
Con l'avvento del fascismo la Giunta Comunale di Cimitile deliberò di allocare in terranei della Casa Comunale, "la sezione del Fascio" opera nazionale del dopo lavoro. Nel marzo del 1922 a Nola, fu istituita la sede circondariale dei Fasci di combattimento e Cimitile fece capo a tale sede, retta dal tenente Serio Gaetano, il Senior Pietro Ruggeri ed il Centurione Giovanni Tortora. Non tutti i cimitilesi, però, aderirono al Fascismo, anzi molti furono gli avversari politici e i dissidenti che, in varie forme e situazioni, si opposero fermamente al regime. 
Fino all'anno 1927 il territorio del Comune di Cimitile appartenne alla Provincia di Caserta, detta "Terra di Lavoro",divisa in cinque distretti (Cimitile appartenne a quello di Nola), per passare poi, con l'atto deliberativo ufficiale del 29 aprile dello stesso anno tra le due giurisdizioni, in Provincia di Napoli..
Durante il fascismo Cimitile ebbe diversi podestà, tra i quali: il cav. Alfredo Ammendola, Raffaele Mercogliano (che fece costruire le scuole elementari nel 1928-29), Lombardi Francesco. Nel 1930 la Casa Comunale fu dotata di un orologio costruito dalla ditta Curci, manovrato da un apposito addetto. Nell'anno successivo il Chierici iniziò i lavori di scavo e restauro dell'area Santa delle Basiliche e nel 1935, ad opera della provincia viene asfaltata la strada Nola-Cimitile (via Croce).
Nello stesso anno, come in tutta Italia, anche le donne di Cimitile donarono alla patria le loro fedi nunziali (nell'occasione molte signore comprarono un anello d'oro a bassa caratura da donare, conservando così la propria fede). Nel 1939 il Duce transitò per Cimitile, proveniente da Napoli, e diretto ad Avellino. 
Per l'occasione venne eretto un arco di Trionfo in Edera, di dimensioni pari al cavalcavia settecentesco che collega Palazzo Albertini alla chiesa di S. Maria degli Angeli, recante la scritta "la campania Felix ti saluta" ed il paese venne letteralmente riempito di scritte che inneggiavano al duce, qualcuna ancora visibile nonostante il tempo trascorso. All'annuncio della dichiarazione di guerra alla Francia ed all'Inghilterra nel 1940, il Comune di Cimitile, dotato di una radio, ne diede notizia in piazza. Nessuna manifestazione di esultanza si verificò in Cimitile, come invece risultò da propaganda fascista. 
Durante gli anni di guerra a Cimitile, come negli altri paesi limitrofi, funzionò il servizio U.N.P.A. (ossia unione nazionale protezione antiaerea). Vedette incaricate, a disposizione notte e giorno, facevano suonare le campane in caso di pericolo con ripetuti rintocchi oppure a distesa per il cessato allarme. 
Molti cimitilesi durante la guerra cercarono protezione nelle campagne limitrofe, in cave di tufo, nelle zone sotterranee delle stesse basiliche, a Casamarciano in una profonda cantina presso le colline di Cicala e di Roccarainola. 
Nel 1943 le incursioni aeree su Napoli si verificavano quasi quotidianamente e i caccia bombardieri inglesi, apparivano all'improvviso dal massiccio del Monte Somma - Vesuvio dopo aver sorvolato, e qualche volta bombardato, Nola per la presenza di caserme militari. Il 17 giugno in uno di questi raid su Nola una bomba fu erroneamente sganciata su Cimitile, in località Pozzo Nuovo ed esplose causando la morte delle sorelle Sara e Tara Allocca ed il ferimento di alcuni componenti delle vicine famiglie Spizuoco e Albertini. Il 17 luglio dello stesso anno i cimitilesi, rifugiatisi a Roccarainola per sfuggire alle bombe, invece di trovarvi riparo, vi trovarono la morte. Perirono a causa di un bombardamento Maria Autilia e Teresa Ambasciano, la signora Elvira D'arienzo con le sue due figlie , la signora Rachele Tanzillo e il Direttore delle Scuole Elementari di Cimitile. L'aereo che lanciò le bombe aveva eseguito un raid su Liveri, Tufino Roccarainola ,Cicciano e Cimitile dove, in Via cimitero, aveva già causato la morte di Mercogliano Raffaele ed il ferimento di Mercogliano Francesco. 
Nello stesso periodo il cavalcavia settecentesco in località Santa Maria in Cimitile fu minato dai tedeschi per rallentare il cammino delle truppe alleate provenienti da Napoli, ma il signor Allocca Fiore, coraggiosamente, col concorso di Maria Miele che procurò le forbici adatte, riuscì a tagliare la miccia prima che l'esplosivo deflagrasse. 
Negli anni 1943-44 Cimitile fu occupata dalle truppe anglo – americane. Gli americani stabilirono presso la villa Lenzi e palazzo Albertini il quartier generale, sottoponendo i due storici edifici a barbarici scempi, mentre l'VIII armata inglese stazionò in via Cupa Falciano nella propietà di Tufano Isabella (villa già appartenuta agli Albertini) e nelle campagne limitrofe. 
Anche in occasione della II guerra mondiale i Cimitilesi furono chiamati alle armi e 24 di essi, i cui nomi sono riportati sullo stesso monumento dove sono incisi i caduti della grande Guerra in P.zza Conte Filo della Torre, morirono in combattimenti su vari fronti, portando a 58 il numero dei caduti per la Patria. 

Cimitile negli ultimi 50 anni

Dopo la disastrosa II guerra mondiale anche Cimitile, come tutti i Comuni d'Italia, si espresse nel referendum per scegliere tra Monarchia e Repubblica. Il 2/6/1946 furono allestiti quattro seggi, tre nel Palazzo Municipale ed uno in via Forno. Lo spoglio delle schede votate indicò chiaramente che Cimitile aveva scelto la monarchia. Con l'avvento della repubblica Cimitile ebbe come primo Sindaco, per acclamazione, il dott. Mario Lezza e di seguito i seguenti primi cittadini: il dott. Domenico Tanzillo (46-73 / D.C.),il Sig. Luigi Velotti (73-90 / D.C.), l'Avv. Mario Menna (Lista Civica) , il Dott. Antonello D'Antonio (Lista Civica), il Dott. Antonio Armano (Lista Civica), il Dott. Carmine Paduano (P.D.S.) e l'attuale Sig. Nunzio Provvisiero (Lista Civica). 
Cimitile è stato principalmente un paese con economia agricola. Con l'insediamento del CIS (Centro Ingrosso Sud), i terreni coltivabili sono diminuiti ma, nonostante ciò, la terra dà ancora il suo importante contributo all'economia del paese . Nel dopoguerra (anno 1950 circa) il compianto e benemerito Prof. Gino Chierici, coadiuvato dal suo braccio destro Vincenzo Mercogliano, riprese e diresse i lavori di scavo archeologico e restauro nell'area del complesso basilicale di Cimitile. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1961, i lavori proseguirono grazie all'impegno e alla conoscenza di Vincenzo Mercogliano. Il resoconto ed il diario degli scavi di questi anni, preparato in collaborazione dal Mercogliano con l'appassionato Avv. Giovanni De Stefano non è mai stato pubblicato. 
Successivamente fu la Sovrintendenza ai Monumenti della Campania, (Sovrintendente l'Arch. Mario Zampino) ad occuparsi di ulteriori lavori di sistemazione, sino al progetto di restauro e valorizzazione della Giunta Velotti del 1982, redatto dagli Architetti E. Di Ferrante, G. Grosso e A. Mercogliano in prima stesura cantierato nel 1988, con modifiche progettuali e direzione dei lavori dei primi due. Oggi grazie all'impegno dell'Amministrazione Comunale e alla tenacia di varie Associazioni presenti a Cimitile si prosegue nella divulgazione e valorizzazione del monumento.
Il 23 maggio del 1992 sua Santità Giovanni Paolo II è giunto in pellegrinaggio alla tomba di S. Felice, rimanendovi in mistica concentrazione e preghiera. 
Il Comune di Cimitile oggi conta più di 7100 abitanti , dei quali circa 2000 provenienti da altri comuni della provincia di Napoli, insediatisi in seguito alla realizzazione della 167 (Gescal) in via Trivice D'ossa. Dal 1860 ,quando era di soli 4291 abitanti , ad oggi, la popolazione è quasi raddoppiata, mentre si è ridotto a meno della metà il terreno coltivabile a disposizione dei cimitilesi, questo a causa dell'espansione edilizia. 

A cura dell'Arch. Arcangelo Mercogliano

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